IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul ricorso n. 1724/1998,
 proposto da Anna Bertele',  Rosa  Bolotta,  Maria  Broglia,  Norberto
 Canclini,  Giancarla  Carrubba,  Anna Maria Della Torre, Oriana Fusi,
 Fiorenza  Invernici,  Mariangela  Pascoli,   Cristina   Riolo,   Susy
 Sbernini,  Silvia  Sigona  e  Aldo  Roncari,  rappresentati  a difesi
 dall'avv. Lorenzo Lamberti ed  elettivamente  domiciliati  presso  lo
 studio del medesimo in Milano via Benvenuto  Cellini, 2/b;
   Contro  l'Azienda sanitaria locale di Como in persona del direttore
 generale pro-tempore,  costituitasi  in    giudizio  rappresentata  e
 difesa  dall'avv. Luca W. Senzoni ed elettivamente domiciliata presso
 lo studio del  medesimo,  in  Milano  piazza  Sant'Ambrogio,  14;  la
 Presidenza  del  Consiglio  dei  Ministri  costituitasi  in  giudizio
 rappresentata e  difesa  dall'avvocatura  distrettuale  dello  Stato,
 domiciliata  presso gli uffici della stessa in Milano  via Freguglia,
 1;  la  regione  Lombardia  non   costituitasi   in   giudizio;   per
 l'annullamento:
     della deliberazione n. 38 del 12 febbraio 1998, avente ad oggetto
 "indizione dell'elezione del consiglio dei sanitari dell'azienda";
     del  bando  16  febbraio  1998  di  indizione  delle elezioni del
 consiglio;
     della delibera di approvazione del verbale  delle  operazioni  di
 voto della commissione elettorale, nonche' occorrendo:
     di tutti gli atti ai predetti connessi, presupposti o conseguenti
 e  in  particolare  dei  verbali  e  delle  operazioni  di voto della
 Commissione elettorale;  e  per  la  declaratoria  di  illegittimita'
 costituzionale  dell'art. 3,   comma 1, e dell'art. 6, comma 3, della
 legge  regionale  30  gennaio  1998,  n.  2,  nonche',  ove  occorra,
 dell'art.  1,  comma 1, lett. d), della legge 23 ottobre 1992, n. 421
 e dell'art. 3, comma 12, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502;
   Visto il ricorso con i relativi allegati;
   Visti  gli atti di costituzione in giudizio dell'Azienda intimata e
 della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
   Viste le memorie difensive delle parti;
   Uditi alla pubblica udienza del 18 febbraio 1999, relatore il cons.
 D. Giordano, gli  avv.  Lamberti  per  i  ricorrenti  e  Benzoni  per
 l'azienda resistente;
   Visti gli atti tutti della causa;
   Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue:
                               F a t t o
   Con  il  ricorso  in  epigrafe  i ricorrenti, tutti terapisti della
 riabilitazione alle dipendenze dell'Azienda intimata e inquadrati  in
 conformita'   alla   tabella  N  del  d.P.R.  n.  761/1979,  chiedono
 l'annullamento degli atti con i quali l'amministrazione,  nell'indire
 le  elezioni  per  la  costituzione  del  consiglio  dei sanitari, ha
 escluso dall'elettorato attivo e passivo la  categoria  professionale
 cui i ricorrenti medesimi appartengono.
   I ricorrenti sostengono che detta esclusione concreta violazione di
 legge  ed  eccesso di potere per manifesta ingiustizia, disparita' di
 trattamento e travisamento dei  presupposti;  gli  stessi  denunciano
 altresi'  l'illegittimita'  costituzionale  della normativa statale e
 regionale  che  ha  inteso  escludere  il  personale  tecnico   della
 riabilitazione dalle categorie professionali rappresentate in seno al
 consiglio  dei  sanitari,  nonche' dall'esercizio del diritto di voto
 nel procedimento elettorale per la nomina dei relativi componenti.
   L'azienda intimata si e' costituita in giudizio  per  sostenere  la
 piena legittimita' dei provvedimenti adottati.
   La  Presidenza  del  Consiglio dei Ministri ha dedotto la manifesta
 infondatezza della questione di legittimita' costituzionale sollevata
 in relazione ai contenuti della normativa statale.
   I ricorrenti hanno insistito, con  memoria  5  febbraio  1999,  per
 l'accoglimento delle conclusioni rassegnate.
   All'udienza odierna il ricorso, dopo la discussione delle parti, e'
 stato trattenuto dal Collegio per la decisione.
                             D i r i t t o
   1.  -  Il  ricorso reclama l'annullamento degli atti con i quali e'
 stata indetta la procedura elettorale per  l'elezione  del  consiglio
 dei sanitari; in particolare i ricorrenti contestano l'esclusione dei
 terapisti  della  riabilitazione,  categoria  professionale  cui  gli
 stessi appartengono, dall'elettorato attivo e passivo per  la  nomina
 dei componenti dell'organo suindicato.
   2. - In proposito il Collegio osserva quanto segue.
   3.  -  Con l'art. 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, il Governo
 e' stato  delegato  ad  emanare  decreti  legislativi  al  fine,  tra
 l'altro,  di definire i principi organizzativi delle unita' sanitarie
 locali come aziende con personalita' giuridica, rette da un direttore
 generale  nominato  dalla   regione   e   assistito   per   attivita'
 tecnico-sanitarie  da  un consiglio dei sanitari, composto da medici,
 in  maggioranza  a  da  altri  sanitari  laureati,  nonche'  da   una
 rappresentanza  dei  servizi  infermieristici  e dei tecnici sanitari
 (art. 1, comma 1, lett. d).
   In attuazione della delega e' stato emanato il d.lgs.  30  dicembre
 1992,  n. 502, recante riordino della disciplina in materia sanitaria
 il cui art. 3, comma  12,  nel  testo  risultante  dopo  la  modifica
 introdotta dall'art. 4 del d.lgs. 7 dicembre 1993, n. 517, stabilisce
 che  del  consiglio dei sanitari fanno parte in maggioranza medici ed
 altri operatori sanitari laureati,  nonche'  una  rappresentanza  del
 personale infermieristico e del personale tecnico sanitario. La norma
 affida  comunque  all'autonomia  regionale il compito di "definire il
 numero dei  componenti,  nonche'  di  disciplinare  le  modalita'  di
 elezione e la composizione e il funzionamento del consiglio".
   3.1. - In Lombardia la previsione ha trovato attuazione mediante la
 legge  regionale  30  gennaio 1998, n. 2, che disciplina istituzione,
 composizione e funzionamento del consiglio dei sanitari.
   Gli artt. 3, 4 e 5 della legge regolano la composizione dell'organo
 rispettivamente nelle aziende sanitarie  con  presidi  ospedalieri  a
 gestione diretta, nelle aziende ospedaliere e nelle aziende sanitarie
 senza presidi ospedalieri.
   Per  quanto  qui  interessa,  l'art. 3, primo comma, stabilisce che
 l'organo e' composto da: 7 medici; 2 medici veterinari;  2  operatori
 sanitari   laureati   non   medici  in  rappresentanza  delle  figure
 professionali ricomprese nelle tabelle B (farmacisti), D (biologi), E
 (chimici), F (fisici), G  (psicologi)  del  ruolo  sanitario  di  cui
 all'allegato  1  al  d.P.R. n. 761/1979; 2 operatori professionali in
 rappresentanza del personale infermieristico di cui alla tabella I; 2
 operatori   professionali    in    rappresentanza    del    personale
 tecnico-sanitario  di  cui  alla  tabella  L  del  ripetuto d.P.R. n.
 761/1979.
   L'art. 6  della  stessa  legge  regionale,  dopo  aver  definito  i
 requisiti  necessari per essere eletti quali componenti del consiglio
 dei sanitari, ha riconosciuto il diritto di elettorato attivo ai soli
 dipendenti appartenenti al ruolo dei medici, del personale  laureato,
 dei  medici veterinari, del personale infermieristico e del personale
 tecnico  sanitario,  prevedendo  altresi'  che  ogni  elettore  possa
 esprimere  voti  di  preferenza  in  misura ragguagliata al 50% degli
 eleggibili nella categoria professionale corrispondente a  quella  di
 appartenenza.
   La  normativa  regionale  ha  quindi  precisato chiaramente e senza
 equivoci  le  figure  professionali  che  possono  partecipare   alla
 procedura   elettorale   ed   esprimere   propri  rappresentanti  nel
 consiglio. In proposito,  va  subito  annotato  che  le  disposizioni
 regionali  hanno  individuato  i  componenti  dell'organo mediante il
 rinvio alle categorie professionali puntualmente  identificate  dalle
 tabelle  indicate  nell'allegato 1 del d.P.R. n. 761/1979, escludendo
 da tale indicazione il personale con funzioni  di  riabilitazione  di
 cui alla tabella N del decreto medesimo.
   3.2.  -  In  applicazione di tale normativa l'azienda ha indetto le
 elezioni per la nomina dei componenti del consiglio dei  sanitari  ed
 ha  approvato  il  relativo  bando, che non prevede la partecipazione
 alla procedura  del  personale  avente  qualifica  di  tecnico  della
 riabilitazione.
   4.  -  Alla  stregua  della riferita ricostruzione risulta evidente
 l'infondatezza del  primo  motivo  del  ricorso,  con  il  quale  gli
 esponenti  censurano  gli  atti impugnati per avere arbitrariamente e
 senza  ragionevole  motivo  escluso  una  importante   categoria   di
 operatori  sanitari dalla possibilita' di concorrere all'elezione dei
 componenti dell'organo rappresentativo.
   La   censura   postula,   infatti,  la  sussistenza  di  un  potere
 dell'amministrazione   di   autonoma   determinazione    in    ordine
 all'identificazione  delle  categorie  di personale aventi diritto al
 voto e ad essere rappresentate in  seno  all'organo,  laddove  invece
 l'individuazione  delle categorie medesime e' direttamente riferibile
 alle previsioni legislative regionali cui i  provvedimenti  impugnati
 sono pienamente conformi.
   5.  -  Il che sposta l'attenzione del Collegio sulle censure con le
 quali i ricorrenti hanno denunciato  l'illegittimita'  costituzionale
 della  scelta operata dal legislatore regionale volta ad escludere il
 personale    tecnico    della    riabilitazione    dalle    categorie
 istituzionalmente rappresentate nel consiglio dei sanitari.
   5.1.  -  In  proposito  si  deve  in primo luogo osservare che tale
 scelta  non  puo'   ritenersi   imposta   dalla   normativa   statale
 sovraordinata.    La  legge  delega,  infatti,  ha  previsto  che  il
 consiglio dei sanitari sia formato in maggioranza da medici,  con  la
 partecipazione  di  altri  operatori  sanitari  laureati,  nonche' da
 rappresentanti dei personale infermieristico e dei tecnici sanitari.
   L'art. 3, comma 12, del  d.lgs.  n.  502/1992  ha  compreso  tra  i
 componenti  dell'organo rappresentanti della categoria del "personale
 tecnico sanitario"; detto riferimento, in assenza  di  ogni  richiamo
 alle  elencazioni  contenute  nelle  tabelle  allegate  al  d.P.R. n.
 761/1979 cui la norma statale non rinvia, ben si presta a svolgere il
 ruolo di  indicazione  residuale  idonea  a  ricomprendere  tutte  le
 categorie  professionali  appartenenti al ruolo sanitario, diverse da
 quelle piu' specificamente  indicate,  che  concorrano  all'esercizio
 dell'attivita'   assistenziale   e   rendano  prestazioni  di  natura
 sanitaria.
   La  fonte  nazionale,  quindi,  non  sembra  avere  inteso  fornire
 l'indicazione  specifica  delle  figure  professionali chiamate a far
 parte  del  consiglio  in  rappresentanza  degli  operatori   tecnici
 sanitari,  ne'  operare  esclusioni  di sorta; essa ha invece rimesso
 all'autonomia regionale la definizione in  dettaglio  della  concreta
 composizione dell'organo collegiale.
   E, del resto, che la normativa statale non precludesse alle regioni
 opzioni   volte  ad  assicurare  una  piu'  ampia  rappresentativita'
 dell'organo in questione puo' argomentarsi dalle discipline approvate
 in altri ambiti territoriali, che non hanno escluso il personale  con
 funzioni  riabilitative  dalla  partecipazione  alla procedura per le
 elezioni del consiglio dei sanitari.
   Al riguardo puo' farsi riferimento all'art. 18 della l.r. Marche n.
 29/1996, all'art. 13 della l.r. Umbria n. 3/1998, all'art.  18  della
 l.r.  Veneto  n.  56/1994  che  ha  inteso assicurare "un equilibrato
 rapporto tra le varie componenti professionali",  all'art.  18  della
 l.r.  Friuli-Venezia  Giulia n. 12/1994 che rimette al regolamento di
 garantire  "pari  dignita'  di  rappresentanza   tra   le   strutture
 operative", all'art. 10, l.r. Sardegna n. 5/1995 che comprende tra il
 personale  tecnico  anche  quello  "equiparato",  all'art.  20,  l.r.
 Piemonte n.  10/1995 e a connesso regolamento,  nonche'  infine  agli
 artt.  17  e  19,  l.r.  Basilicata  n. 27/1996 e 8, l.r. Calabria n.
 2/1996.
    Pur con il valore  solo  indiretto  che  l'argomento  riveste,  il
 richiamo  a  dette  previsioni  consente  di  delineare  un quadro di
 attuazione della normativa statale volto a evitare discriminazioni in
 danno  del  personale  addetto   alla   riabilitazione,   ma   indica
 soprattutto  come  l'esclusione  del  personale considerato non possa
 direttamente imputarsi al d.lgs. n. 502/1992.
   5.2. - Cio' anche alla luce di ulteriori considerazioni.
   Il consiglio dei sanitari non rappresenta una novita' per il nostro
 ordinamento; esso  venne  introdotto  dall'art.  13  della  legge  12
 febbraio  1968,  n.  132  e  nella  sua  composizione  originaria era
 costituito esclusivamente da personale appartenente al ruolo  medico.
 Ai   sensi  del  successivo  art.  14,  l'organo  aveva  funzioni  di
 consulenza  tecnica  del  consiglio  di  amministrazione  degli  enti
 ospedalieri  ed  era chiamato ad esprimere pareri sulle questioni ivi
 espressamente indicate, le quali concernevano  per  lo  piu'  aspetti
 organizzativi generali.
   Nel  disegno configurato dal nuovo decreto, il consiglio ha assunto
 funzioni di consulenza tecnico-sanitaria ed e' chiamato ad  esprimere
 pareri   obbligatori   al   direttore   generale   per  le  attivita'
 tecnico-sanitarie,  anche  per  i  profili  organizzativi,  e  per  i
 relativi   investimenti,   nonche'   sulle  attivita'  di  assistenza
 sanitaria. Queste ultime,  come  noto,  configurano  l'insieme  delle
 attivita'  e delle prestazioni che devono essere erogate dal servizio
 sanitario; l'ampliamento delle competenze del consiglio anche a dette
 funzioni rende quindi ragione della  nuova  composizione  dell'organo
 stabilita dalla legge delega e dal successivo decreto.
   Cio'  in  quanto  con  tali  strumenti  il legislatore nazionale ha
 inteso integrare la composizione del consiglio dei sanitari, mediante
 l'allargamento dell'organo all'apporto di altre professionalita'  che
 partecipano,  in  funzione  integrativa e sussidiaria, all'erogazione
 delle prestazioni sanitarie e  concorrono  a  rendere  interventi  di
 assistenza  sanitaria nelle fasi diagnostiche e terapeutiche, nonche'
 ad accrescere la qualita' tecnica e  l'efficienza  delle  prestazioni
 medesime.
   Tale  prospettiva  rappresenta, a parere del Collegio, il parametro
 alla  cui  stregua  deve  valutarsi  la   razionalita'   di   opzioni
 legislative  tese  ad  individuare  le  categorie  professionali  del
 personale aventi diritto al voto ed eleggibili, nonche'  a  limitarne
 la   rappresentativita'   in  seno  al  consiglio.  La  normativa  di
 principio, di cui alla legge n. 421/1992 e al d.lgs. n. 502/1992,  ha
 voluto  che  il  personale  infermieristico  e  il  personale tecnico
 sanitario fossero rappresentati all'interno  dell'organo  consultivo,
 che  assiste  il  direttore  generale  nell'esercizio delle attivita'
 tecnico-sanitarie e di  assistenza  sanitaria;  ne  deriva  che  ogni
 discriminazione tra operatori sanitari puo' giustificarsi in funzione
 non  della  qualifica  rivestita,  ma  unicamente  in  considerazione
 dell'incidenza  delle  relative  attivita'   sulla   prestazione   di
 assistenza sanitaria complessivamente considerata.
   E,  in  proposito,  e' assolutamente indubbia che gli interventi di
 tipo   riabilitativo   rientrino   a   pieno    titolo    nell'ambito
 dell'assistenza   sanitaria   nelle   sue   varie   articolazioni   e
 contribuiscano a rendere piu' completa ed efficace la  "risposta"  al
 bisogno di salute e alla domanda di prestazioni sanitarie.
   6. - Se ne trae conferma dal d.m. 14 settembre 1994, n. 741, con il
 quale   il  profilo  professionale  del  personale  con  funzioni  di
 riabilitazione ha trovato compiuta definizione. E' stata precisata la
 figura del fisioterapista, che  e'  l'operatore  sanitario  il  quale
 svolge,  anche in via autonoma, gli interventi di prevenzione, cura e
 riabilitazione  ed  e'  inoltre  chiamato  ad  elaborare,  anche   in
 collaborazione   con   altre  professionalita',  la  definizione  del
 concreto   programma   di   riabilitazione,   nonche'   a   praticare
 autonomamente  attivita'  terapeutica  per la rieducazione funzionale
 delle disabilita'.
   La descrizione dei contenuti professionali del profilo  considerato
 consente   di  riconoscere  un  operatore  sanitario  particolarmente
 qualificato e inserito, con pari  dignita',  nell'organizzazione  dei
 servizi   sanitari,   di  talche'  non  sembra  giustificata  la  sua
 esclusione da un organo chiamato ad esprimere  pareri  per  tutte  le
 questioni   tecnico-sanitarie   e  per  le  attivita'  di  assistenza
 sanitaria, alla prestazione delle quali detta figura contribuisce per
 il settore di pertinenza con apporti specialistici.
   Ne' puo' ritenersi che la natura non totalmente rappresentativa del
 consiglio dei sanitari possa  legittimare    l'emarginazione  di  una
 determinata  categoria di operatori sanitari; al contrario proprio la
 caratterizzazione tecnica dell'organo postulava la  presenza  al  suo
 interno  di  tutte  le  componenti  in  grado di offrire l'apporto di
 specifiche competenze professionali, dal che sembra potersi  desumere
 come  l'esclusione  dei tecnici della riabilitazione non trovi radice
 in alcuna plausibile ragione.
   7. - L'analisi che precede fa dubitare  sotto  vari  profili  della
 legittimita'  costituzionale delle disposizioni contenute nella legge
 regionale n. 2/1998.
   Con riguardo all'art. 3 Cost., per la violazione del  principio  di
 uguaglianza  derivante  dal  diverso trattamento che esse riservano a
 categorie di personale omogenee appartenenti al medesimo ruolo e  per
 la  violazione del principio di ragionevolezza connesso alla mancanza
 di idoneo fondamento giustificativo della disciplina differenziata.
   In riferimento all'art. 46 Cost. la disciplina regionale appare  di
 dubbia   legittimita',   in   quanto  non  riconosce  alla  categoria
 professionale considerata il diritto a concorrere all'espressione dei
 pareri obbligatori sulle questioni indicate nell'art. 2 della l.r  n.
 2/1998, che attengono alla gestione dell'azienda sanitaria.
   Con  riguardo  all'art. 97 Cost. le previsioni legislative in esame
 appaiono di dubbia legittimita', in quanto privano il  consiglio  dei
 sanitari  dell'apporto  di  specifiche  competenze  professionali per
 l'esame delle questioni  che  rivestano  diretta  attinenza  con  gli
 interventi   di  riabilitazione,  impedendo  in  tal  modo  una  piu'
 efficiente rilevazione degli interessi da soddisfare,  in  violazione
 del principio di buon andamento dell'amministrazione.
   Ancora  in riferimento all'art. 97 Cost., in quanto la composizione
 dell'organo e la procedura elettorale non assicurano  alla  categoria
 professionale considerata di esprimere propri rappresentanti, laddove
 la  categoria  dei  tecnici sanitari di cui alla tabella L del d.P.R.
 n. 761/1979 viene riconosciuta  quale  unico  centro  rappresentativo
 degli  interessi di un intero settore, con conseguente violazione del
 principio di imparzialita' dell'amministrazione.
   In  riferimento  all'art.  117  della   Costituzione   appare   non
 manifestamente  infondato  il  dubbio  sulla  conformita' della legge
 regionale  rispetto  ai  criteri  generali  fissati  dalla  normativa
 statale.  Questa,  come  si  e'  osservato, ha integrato l'originaria
 composizione   dell'organo,   ampliandone   la   partecipazione  alla
 categoria degli  operatori  tecnici  sanitari,  nella  quale  per  le
 ragioni  indicate  devono  ritenersi  compresi  anche i tecnici della
 riabilitazione.
   8. - Per tutte le considerazioni esposte il  Collegio  ritiene  non
 manifestamente  infondata la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 3, comma 1, e dell'art. 6, comma 3, della l.r. Lombardia n.
 2/1998, nelle parti in  cui  escludono  il  personale  tecnico  della
 riabilitazione  dal  diritto  di  elettorato  attivo  e  passivo  per
 l'elezione dei componenti del consiglio dei sanitari.
   Quanto alla rilevanza della questione nel presente  giudizio,  essa
 e'  resa manifesta dalla considerazione che i provvedimenti impugnati
 trovano fondamento nelle suindicate previsioni legislative,  per  cui
 la  decisione  sul ricorso non puo' prescindere dalla pronuncia sulla
 legittimita' costituzionale delle norme regionali  che,  allo  stato,
 legittimano gli atti medesimi.
   Il   giudizio  deve  quindi  essere  sospeso  e  deve  disporsi  la
 trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per  l'esame  della
 suindicata questione.